domenica 13 dicembre 2015

CANCELLIAMO I PREGIUDIZI

Negli addestramenti per i volontari che accompagnano persone non vedenti ci teniamo ad insegnare anche questo: i ciechi oggi possono fare praticamente tutto, ma molto dipende da loro stessi e dalla società che li circonda.  spesso i pregiudizi e l'ignoranza generale costringono i disabili visivi a nascondersi dietro ad una cortina di ostacoli ed è la stessa società che non riesce ad accettare che un cieco esca dalle riche.  Ma poi abbiamo esempi eccezionali che ci insegnano che la perdita della vista non significa perdita di vita.

Il Centro del 13-12-2015

"Ho perso la vista a 11 anni Mi ha salvato la curiosita' " 

il personaggio della domenica.  

PESCARA. Nella vita non si è fatto mancare nulla: ha scritto un libro, ha sciato, ha corso con la bicicletta, ha imparato a fare il vino, ha suonato la fisarmonica, si è arrampicato sugli alberi, è andato con il pattino e ha perfino imparato a guidare la macchina, con incursioni anche sul tetto di casa a riparare l'antenna, come racconta la moglie Licia. Domenico Buccione, 81 anni, sposato, padre di tre figlie e nonno di 4 nipoti, è non vedente da quando di anni ne aveva 11 e mezzo. E anche se oggi a raccontarlo si commuove ancora un po', l'ex presidente regionale (per due anni) e provinciale (per 20 anni dal 1979) dell'Unione italiana ciechi, dice pure: «Mi ha salvato la curiosità, la voglia di conoscenza e quello che ho imparato nell'istituto di Firenze dove sono stato due anni dopo l'incidente: bisogna guardare alla qualità della vita. Poi si può fare tutto». Signor Buccione, ci dica subito la cosa più pazza che ha fatto. Ho fatto tante cose imprevedibili, ma nel 1961 comprai una Fiat 600. Ero curioso di vedere come funzionava, la frizione, l'acceleratore, chiesi a un amico. Mi piaceva guidare, allora abitavo in via Trilussa. E quando c'era meno traffico, con questo mio amico in macchina, sulla Riviera passavo alla guida io e andavamo fino ai Grandi alberghi, che allora erano in costruzione. Ho insegnato a guidare anche a mia moglie e alle mie figlie, da fermo: avevo imparato perfettamente tutto il meccanismo. Anche le strade, le conosco tutte. Quando stavo al Provveditorato, dove ho lavorato per 30 anni al centralino e al punto informazioni, arrivavano a portare e a ritirare i plichi delle scuole i bidelli di tutta la provincia e chiedevano a me le strade. Ma come fa? Con la conoscenza. E l'autonomia. Ho iniziato a muovermi da solo sin da subito. Mi ricordo che prima di trasferirmi a Pescara a 19 anni - sono originario di Serramonacesca - andavo a lezione di musica alla scuola Luigi Oreste Anzaghi di via Firenze, dai maestri Simonelli e Serafini. Arrivavo con il pullman, dalla stazione vecchia l'autista mi accompagnava fino all'angolo con via Trieste e poi arrivavo da solo. Oppure anche dopo, quando presi casa in via Trilussa, nel 1958, dalla stazione vecchia arrivavo a casa da solo. Ma c'era molto meno traffico di adesso. E oggi a Pescara è ancora possibile per un non vedente andare in giro da solo? La città è cambiata tanto e comunque nonostante tutte le mie richieste a sindaco ed enti con l'associazione, negli anni '80, non sono riuscito a ottenere i semafori sonori in tutti i punti nevralgici della città. Ma il traffico è disordinato e non c'è rispetto delle persone. A proposito di persone, dalla voce riesce a capire chi ha davanti? Dalla voce non si riesce a capire se una persona è bionda o bruna, è un luogo comune. Ma la voce ti può rivelare l'altezza di una persona ad esempio, e ti aiuta a capire se è o meno gentile. Poi, come per tutti, dipende dalla frequentazione. Ha fatto tanti viaggi con l'associazione, e li racconta come se avesse visto quei luoghi con i suoi occhi. Com'è possibile? Devi esplorare con le mani e ti devi fidare della guida turistica. Io sono molto curioso e chiedo tutto. Quando arrivo in un posto chiedo sempre, "da qua che si vede?" e poi mi rimane impresso tutto, i paesaggi, le opere d'arte, il Colosseo. Il Trentino ad esempio, Moena, le tre cime di Lavaredo, io le ho viste. Usa spesso il verbo vedere. Continuo a dire ho visto, abbiamo visto, perché io vedo con l'immaginazione e la conoscenza. Basta che mia moglie mi descriva la situazione in cui mi trovo e mi so orientare. Ma mi è di aiuto la mia esperienza di prima, prima di perdere la vista. Com'è successo? Non mi piace ricordarlo, comunque sì, era il 31 gennaio del 1946, a Serramonacesca, il mio paese. Mio padre era prigioniero in guerra, eravamo io e i miei fratelli con mia madre. C'è da dire che prima della ritirata i tedeschi avevano minato tutto, perfino il ponte, mi ricordo che li vedevo mentre facevano i buchi nei pilastri e ci infilavano delle casse che poi fecero saltare. Insomma quel giorno i miei nonni mi chiesero di andare a prendere la legna e il fogliame per fare il fuoco. Evidentemente tra il fogliame c'era rimasta la capsula di una mina grande come una sigaretta e quando sono andato a metterlo sulla brace, con i miei nonni uno a destra e uno a sinistra, ho avvertito un'esplosione pazzesca. Avevo undici anni e mezzo. Fu una tragedia. Per raggiungere l'ospedale di Chieti ci impiegammo tutta la notte. Mi portarono un po' con la biga e il cavallo e un po' in spalla, perché c'era mezzo metro di neve e la strada di Serramonacesca era piena di mine. Camminarono per 26 chilometri, un disastro. Povera mamma quanto ha sofferto. Qual è l'ultima immagine che conserva di quel giorno? Era l'imbrunire e io stavo con i miei amici a prendere gli uccellini. Ma aver avuto la vista prima, mi ha aiutato tanto. Dopo aver perso la vista, continuavo ad arrampicarmi sull'albero di ciliegie davanti casa come avevo sempre fatto. Ma come ha fatto a superare uno choc simile? Ho chiesto e desiderato da subito di andare in un istituto di rieducazione. In famiglia c'era chi era contrario ma alla fine mi presero in uno dei migliori a Firenze. E non fu facile perché all'epoca, erano tanti i ragazzi che avevano perso la vista in guerra, o per patologie. E lì è stata la mia salvezza. Tra i professori, tutti non vedenti, vedevamo che molti erano sposati, con i figli. Capii che potevo fare ancora tutto e quando tornai prima a Roma per tre anni e poi a Pescara a 19, cominciai a fare subito la vita come gli altri. Avevo gli amici, andavamo nei locali da ballo, allo stadio. A casa in via Trilussa ho fatto tantissime feste e proprio in una di queste ho conosciuto mia moglie Licia. Ci siamo sposati nel 1960, dopo pochi mesi. E poi tutti gli sport. Il tandem, lo sci di fondo, li ho praticati con l'associazione. Nel 1984 ho organizzato la Polisportiva dell'Unione ciechi, organizzai anche il giro con i pattini. Perché per la persona non vedente è possibile quasi tutto. Bisogna vedere quando avviene la perdita della vista. Se accade nell'età evolutiva si ha maggiore possibilità di assorbire tutte le capacità sensoriali che dopo diminuiscono. In tandem, come cicloamatore ho fatto il giro della Sicilia, della Sardegna, del Triveneto, sono stato ovunque. Tra tante passioni anche quella per il vino, è vero? Lo faccio di sana pianta, con la pigiatrice elettrica, mi faccio portare le cassette di uva, seguendo quello che ho visto fare ai miei nonni. Ora ho interrotto, ma facevo il vino a livello professionale, con l'enologo, un Montepulciano che poi regalavo agli amici. E poi suona? Sì, in taverna ho un piccolo studio e suono la fisarmonica elettrica con un mio amico. Ma un po' ci vede. No, non vedo neanche un'ombra, neanche la luce. Ma sa una cosa? La mattina sono l'addetto ad aprire le finestre. Mia moglie mi dice se c'è il sole e tante volte mi dice che è una brutta giornata. Ma io sulla pelle avverto i raggi ultravioletti che passano attraverso le nuvole, che non si vedono, e le anticipo che il sole uscirà. E il sole alla fine esce sempre. Oggi è santa Lucia, patrona dei non vedenti. È credente? Non troppo. Sono molto pragmatico, per me è più importante andare a fare una visita all'ospedale a una persona sofferente che in chiesa. E tra tv e radio? Naturalmente la radio, fa una cronaca più dettagliata. Mi piace il calcio ma in televisione il telecronista dice di continuo "vedete", "come vedete", e allora meglio la radio. Ha detto che con la perdita della vista si sviluppano le qualità sensoriali. Qual è l'odore che le piace di più? Il profumo di erba. Mi ricorda la mia infanzia. Sono ancora capace di distinguere il grano dal trifoglio. 

di Simona De Leonardis

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