giovedì 3 luglio 2014

UNA PARROCCHIA TUTTA DA INVENTARE - ROMA OLGIATA

Con piacere, pubblichiamo questo articolo apparso oggi sul sito della Diocesi Porto Santa Rufina, Roma

Una Parrocchia tutta da inventare

Ieri in Curia il Vescovo ha annunciato il nome del nuovo Parroco dell'Olgiata: Don Pietro Rabitti, di Reggio Emilia. Noi lo abbiamo intervistato

Un Parroco, una Chiesa. In due anni abbiamo visto sorgere la Chiesa col campanile, gli spazi per la catechesi. In molti si sono chiesti: chi sarà il Parroco? Il Parroco viene da lontano. E' Don Pietro Rabitti. Trentasette anni, dieci di servizio sacerdotale, appartiene alla comunità sacerdotale Familiaris Consortio,della Diocesi di Reggio Emilia. Fino a ieri Viceparroco, ora si ritrova primo pastore di una nuova Parrocchia. Tutta da inventare.

 

Don Pietro, dall'Emilia Romagna al Lazio, dalla vita in città a quella di periferia. La tua è una missione 'sui generis'. Conosci qualcosa la realtà culturale e sociale del quartiere Cerquetta – Olgiata, e ti senti pronto ad affrontare questa nuova sfida?

Provengo da una Diocesi che ha visto una fioritura di figure straordinarie di santi. Ho conosciuto mons. Pietro Margini che, come viceparroco prima e parroco poi, ha generato il movimento Familiaris Consortio, a partire da comunità di famiglie, di sacerdoti e di consacrati. Ho imparato a gustare la gioia di appartenere ad una famiglia che è "chiesa domestica" per riconoscere nella Chiesa la "Famiglia di Dio", dove tutte le vocazioni sono a servizio dell'unica missione. Quando mi è stata chiesta la disponibilità per questa nuova missione in un altro contesto ecclesiale a nome della nostra comunità sacerdotale mi sono accorto di non sapere nulla. Questa condizione mi consente di accostarmi alla realtà senza preconcetti, attraverso la condivisione del vissuto delle persone. Saremo in due, della stessa comunità, ad iniziare questo nuovo cammino. Con me sarà don Domenico: è ancora diacono e in questo anno dovrà ultimare gli studi teologici. Sarà questa un'occasione per prepararci insieme a tutta la Parrocchia alla sua ordinazione sacerdotale, perché sia un momento di grazia per tutti e in particolare per i giovani che si stanno interrogando sul proprio cammino vocazionale. Da subito ho avvertito la sproporzione tra il compito che il Vescovo mi affida e le mie capacità: questo è per me un costante richiamo a fare affidamento sulla grazia del Signore più che sulle mie forze, con la gioia di chi riconosce nel sacerdozio una predilezione del Signore per essere suo strumento di bene e come dice san Paolo "collaboratore della vostra gioia".

 

Essere il primo Parroco di una nuova Chiesa, a lungo attesa, è una grande responsabilità. Si tratta di avviare la vita comunitaria, nelle sue varie componenti: la catechesi, la liturgia, la testimonianza della carità. Da dove pensi di cominciare? E quale immagine di comunità hai in mente?

Di fronte a questa grande responsabilità mi sono venute alla mente le parole di Geremia che percepisce la sua inadeguatezza: "sono giovane", come a dire "non sono adatto". Ma il Signore gli risponde: "Non dire sono giovane ma va' da coloro a cui ti manderò". Sono contento comunque di non essere solo per meglio ascoltare tutti. Il Signore assicura a san Paolo, mentre gli affida una nuova missione: "io ho un popolo numeroso in questa città", sono consapevole dei tanti doni che lo Spirito ha suscitato e suscita in tante persone per l'edificazione del Regno di Dio. È Gesù che genera questo popolo. Pertanto, desidero partire anzitutto dall'Eucaristia celebrata e adorata, luogo privilegiato dove impariamo ad ascoltare la parola del Signore, a vivere in comunione con Lui e con i fratelli. Questa è vincolo di unità per la famiglia chiamata ad essere piccola chiesa, luogo di trasmissione della fede e ambiente insostituibile per rispondere alla vocazione originaria dell'uomo: quella ad amare ed essere amato. Tale comunione diventa testimonianza, a partire dalle nostre amicizie, dalle relazioni lavorative, che si realizza attraverso i nostri interessi artistici, sportivi, musicali, che animano lo spirito dell'uomo fatto ad immagine di Dio. In questo modo possiamo fare esperienza che la fede non è confinata a qualche momento celebrativo ma abbraccia e dona una forma nuova a tutta la vita e diventa testimonianza di carità: "vedano le nostre opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli". Desidero quindi partire da un ascolto comune di quello che lo Spirito, protagonista dell'agire ecclesiale, vuole suggerirci e indicarci come via da percorrere. Due documenti che vorrei riproporre come fondamento del nostro cammino sono la Novo Millennio Ineunte di san Giovanni Paolo II e l'esortazione apostolica Evangelii Gaudium, in particolare nell'ultima parte quando parla degli "Evangelizzatori con Spirito". In questi anni di sacerdozio mi sono reso conto quanto sia importante alimentare costantemente il proprio cammino di fede in una formazione che tocchi tutta la persona nella dimensione dell'essere e del fare e in tutte le età della vita.

 

Don Pietro, a nome del Vescovo, sarai l'animatore della comunità. Il Parroco la guida, la coordina, la raduna, e valorizza i talenti che il Signore distribuisce ai laici. Come immagini la corresponsabilità dei fedeli laici, e in quali settori ti farai maggiormente aiutare?

Il sacerdozio ministeriale nasce nella Chiesa a servizio del popolo di Dio perché tutti possano vivere il proprio sacerdozio battesimale. L'immagine che ho in mente è quella della famiglia. Infatti, tanto più la donna vive bene il suo essere sposa e madre, tanto più aiuta l'uomo ad essere un bravo marito e padre. Similmente, più un parroco vive il suo essere pastore unito a Cristo e alla sua passione di vita per l'uomo, tanto più i laici sentono di essere chiamati a far parte dell'unico corpo che è la Chiesa, mettendo a servizio degli altri i doni ricevuti, ciascuno secondo il proprio compito. La collaborazione pastorale ci aiuta reciprocamente a sentire che il Signore ci affida e ci manda per un'unica missione, dove ciascuno è chiamato ad essere responsabile dell'unità per attirare tutti, con l'ardore del suo cuore, all'amore per Cristo e la sua Chiesa. Come comunità sacerdotale, in particolare, privilegiamo nella nostra azione apostolica la testimonianza della comunione, soprattutto nella formazione delle famiglie e dei giovani, nella "normalità" della vita quotidiana come luogo dove educare il cuore ad amare, per fare della propria vita un dono di sé nell'amore. Ho potuto sperimentare quanto è feconda la reciprocità tra la vocazione sacerdotale, familiare e di speciale consacrazione: la Chiesa acquista forza nella sua capacità di essere segno e strumento dell'amore trinitario. Ogni vocazione in comunione con le altre, manifesta al mondo la bellezza dell'opera di Dio che è armonia nella differenza.

 

La tua Parrocchia, posta sotto la protezione degli Apostoli Pietro e Paolo, geograficamente è alla periferia della Città del Successore di Pietro; è anche la più vicina alla sede del Vescovo e alla Cattedrale. Come immagini la costruzione della dimensione parrocchiale, diocesana e universale della comunità?

Il nome della parrocchia è già di per sé un dono e un compito che ci aspetta: anzitutto quello della santità. Pietro è stato chiamato a fare comunità con Gesù e gli altri apostoli "perché stessero con lui e anche per mandarli a predicare", e da questa familiarità ha imparato ad allargare il suo piccolo cuore, tra slanci di generosità e meschini indietreggiamenti di egoismo. Ha dovuto imparare che avrebbe potuto dare la vita solo dopo averla ricevuta in dono dal suo maestro. Il Signore dopo il triplice rinnegamento gli chiede soltanto se lo ami: "mi ami tu più di costoro?". Si è trovato poi, quasi costretto, a riconoscere, attraverso Cornelio e il ministero di Paolo, che la missione della Chiesa abbraccia ogni uomo e ogni tempo, che è universale. In san Paolo invece vediamo brillare la coscienza che l'incontro con Cristo genera una nuova umanità; si tratta di coloro che si lasciano guidare dallo Spirito ricevuto in dono, e possono dire: "non sono più io che vivo ma Cristo vive in me".

Attraverso Pietro, presente ancor oggi nella persona del Papa, siamo chiamati ad allargare il cuore perché queste distinzioni (parrocchia, diocesi ...) non ci chiudano ognuno nel suo confine ma ci richiamino ad allargare il cuore alla missione universale della Chiesa e a sentire che anche nei piccoli km della vita ordinaria siamo chiamati a vivere tutta la missione di Cristo che è anelito di salvezza per ogni uomo fino a dare la vita. Da Paolo siamo richiamati a comprendere che solo un cuore che batte col cuore di Cristo diventa capace di vedere Dio, di ascoltare le grandi domande dell'uomo dentro le piccole domande del vivere quotidiano, di toccare e curare le ferite di Cristo nelle ferite del prossimo che incontra. 
La vicinanza alla Chiesa Cattedrale e al nostro Vescovo ci aiuterà a sentire la cura materna della Chiesa che, già nella sua costruzione, ha preso a cuore la necessità dei fedeli perché abbiano un luogo dove poter celebrare, pregare, accostarsi al sacramento del perdono, trasmettere la fede, per vivere un'autentica familiarità, che rende fruttuosa e desiderabile la fatica dell'impegno e la gioia della ricreazione. Vorrei mettere il mio e nostro cammino in questa parrocchia e questa diocesi nelle mani di Colei che con il suo sì ha lasciato che Dio potesse disporre di lei: Maria Santissima non ha chiesto in anticipo le ragioni, ha avuto fiducia che le richieste di Dio sono sempre ragioni d'amore.

intervista a cura di d. roberto leoni

(02/07/2014)

 

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