domenica 7 luglio 2019

Il mondo a colori di Camilla, blogger non vedente




La giovane 27enne ha perso la vista quando era bambina. Ora scrive affidandosi ai ricordi: "Il rosa? È il vestito con le balene che adoravo da piccolina".

BOLOGNA. Il rosa? È il vestito con le balene che adorava da piccolina. Ed è, anche, la canzone di Edith Piaf, "La vie en rose". Il verde invece è la maglia di Emergency indossata ad ogni esame all'università e prima ancora è la Sardegna, perché da bambina si divertiva a associare un colore ad ogni regione e in quel mare smeraldo nuotava in vacanza. Il mondo a colori di Camilla Di Pace si è spento all'età di 7 anni. Una malattia genetica degenerativa le ha imposto il blackout. Eppure il suo mondo è rimasto arcobaleno. E lo racconta, ora che ha 27 anni e ha aperto un blog: "I colori di Camilla", appunto.

Dodici post dedicati ad altrettanti colori "visti" dal suo punto di vista, "o di non vista, dipende da quanto vogliamo essere politically scorrect" ironizza nella presentazione. Sono i ricordi a fare la differenza. "I colori me li immagino come sono, perché me li ricordo e mi piacciono, soprattutto quelli vivaci. Tutto nella mia vita è molto colorato: dai capelli ai vestiti all'arredamento in casa".

Camilla è nata a Latina, si è trasferita a Bologna per fare la magistrale al Dams in teatro, laurea con una tesi su Pasolini, il lavoro a Be Open, il sogno di diventare giornalista sportiva, il calcio la sua passione, il cuore che batte per la Roma e Totti. Il suo debutto nel blog, aperto sul sito della Renner, azienda bolognese di vernici con una vocazione sociale, recita così: "Sono nata uguale a tutte le altre bambine poi sono diventata diversa".

Eppure questa diversità Camilla non l'ha mai vissuta come un ostacolo: "È chiaro che non posso pilotare un aereo, ma ho fatto di tutto, non mi sono fatta mancare nulla: ho studiato al liceo classico, poi l'università, ho fatto tanti sport, tra cui equitazione, vela, sci, viaggio, anche da sola. Danzo, suono il piano. La mia disabilità? Preferisco chiamarla la mia caratteristica che a un certo punto ho accettato: quando le cose ti capitano da bambina non ti fai troppe domande. Ho perso la vista, mi è successo e basta".

Camilla è cauta, "non voglio apparire spocchiosa", ma avanza determinata nell'abbattere barriere e pregiudizi e lo fa con grande naturalezza: "Uso il verbo vedere - sorride - non mi imbarazzo se qualcuno lo usa quando parla con me. E mi sono sempre detta che è meglio inciampare, cadere, piuttosto che non uscire. Il problema è più degli altri, sono gli ostacoli esterni che creano difficoltà, la paura che talvolta hanno con me, chi non mi conosce, di ferirmi, di dire o fare cose sbagliate".

Il Braille lo ha abbandonato da tempo, "troppo scomodo, meglio la sintesi vocale, ho un computer che mi legge quello che scrivo". Nella scrittura della giovane blogger non vedente ora ci sono i colori: "Mi dici giallo? E io penso ai sandali, quell'estate nella casa al mare di Latina. Il caldo, i gelati".

E il nero? C'è pure quello. "Penso al cigno nero di Natalie Portman, ma anche al suo opposto nella danza, mi viene in mente l'oscurità e l'indeterminatezza, ma anche il lusso degli abiti da sera". La memoria le restituisce la visione cromatica perduta: "Sono abituata ad associare i colori a un ricordo, e i ricordi si intrecciano e danno vita a una tela di Penelope, variopinta come una coperta della nonna".

Nel suo futuro la scrittura, poi chissà: "appartengo alla generazione dell'incertezza, ora mi fermo a Bologna, tra un mese o due anni non lo so. Per ora, proprio come una blogger che deve scrivere un nuovo post, anche io, ogni giorno, reinvento la mia vita".

di Ilaria Venturi 
(articolo di 

La Repubblica del 06.07.2019)

E' importante che la società inizi a comprendere come fanno i non vedenti a fare tante cose, come camminare da soli, viaggiare, studiare, lavorare, cucinare, truccarsi, fare i lavori domestici, eccetera perché solo in questo modo si possono combattere i pregiudizi e l'ignoranza.  Per questo abbiamo condiviso questo articolo che parla di realtà, di vita.

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