venerdì 1 dicembre 2017

UN SYMPOSIUM SULLA NEUROPATIA OTTICA DI LEBER AL SOI - ROMA









Si è tenuto ieri al Waldorf Astoria Cavalieri Hotel a Monte Mario, RM, all'interno del SOI (il più grande convegno organizzato ogni anno dalla Società Ofthalmologi  Italiana) un Symposium tenuto dalla Santhera sulla Neuropatia Ottica Ereditaria di Leber, una sindrome mitochondriale che colpisce una persona su 40.000 nel mondo e che ancora non vede uno spiraglio di cura.
Sono intervenuti il Prof. Falsini dell'Ospedale Gemelli di Roma, il Prof. Barboni, dell'Ospedale San Raffaele di Milano, la Dottoressa Cascavilla, dell'Ospedale San Raffaele di Milano, il Prof. Silver, dell'Ospedale di Porto, Portogallo e la Dottoressa Denegri, Rappresentante LHON nel Lazio presso l'Ospedale San Camillo di Roma.  Un intervento di Paula Morandi, rappresentante ERN EYE Disease in Europa e recentemente nominata EMA Expert.

VIVERE CON UNA SINDROME NEURO Ofthalmologica


Che cosa vuol dire essere costretti a vivere con una patologia che atrofizza il nervo ottico?  Quando ho ricevuto la diagnosi, nel 1992, negli Stati Uniti, presso il conosciutissimo centro di ricerca del John Hopkins Medical Center a Baltimora, dopo una serie di diagnosi errate lungo un percorso di setto o otto mesi, mi è stato detto che sarei diventata cieca e che non esisteva una cura.
E' come essere lungo gli argini di un fiume, dove il medico è da una  parte e il paziente dall'altra  e vediamo paesaggi diversi.  Il paziente che riceve una diagnosi del genere che non offre spiragli si sente perso in uno spazio infinito, privo di riferimenti.  Piano piano che la vista scompare, dietro un luminoso e accecante scotoma che si allarga giorno dopo  giorno fino ad occupare quasi tutto il campo visivo, mentre tutta la vista periferica viene punteggiata   di minuscole luci, come quando la televisione funziona male e l'immagine viene  ingrigita da tanti puntini.
Non c'è il tempo di adattarsi a questa nuova vita e  questi sintomi devastanti.  Quella palla di sole non se ne va, neppure di notte e nessuno riesce a comprenderti.
Naturalmente ognuno di noi è diverso dall'altro: c'è chi si dispera, chi cade in depressione, chi perde la voglia di vivere e cerca di togliersi la vita e c'è chi realmente se la toglie, ma c'è anche chi ad un certo punto, grazie anche agli amici veri e alle condizioni famigliari positive,  riesce a dare una svolta alla propria vita, con grande fatica.
Ma la nostra società non ci mette nelle condizioni di essere integrati, di essere compresi, di essere trattati come persone "normali".  Il non vedere più le persone che ci sono intorno ci rende insicuri e vulnerabili.  C'è una vita dopo la diagnosi che ci posiziona in un totale stato di abbandono.
Solo negli ultimi anni, grazie ai social e alla tecnologia, anche i disabili visivi hanno incominciato ad incontrarsi, a colloqiare tra di loro , a condividere idee, esperienze e informazioni.

Io sono rientrata in Italia 22 anni fa.  Mi sono sempre occupata di volontariato nel sociale e così ho continuato a fare, organizzando eventi per aiutare i più deboli, ma per la maggior parte, concentrandomi sugli altri e non sulla disabilità visiva.  Mi rendo conto solo oggi che questa è stata per me una sorta di protezione dall'ignoranza sulle disabilità visive che regna ancora ora nella società.  A nessuno piace sentirsi biasimato, sentirsi dire "poverino", sentirsi osservato e anche messo da parte perché si pensa che non siamo in grado di fare nulla.  Il disabile visivo rappresenta un peso perché non può muoversi da solo, non può prendere  l'automobile quando vuole e incontrare gli amici ma ha sempre bisogno di un passaggio.  Gli stessi amici e i familiari spesso stentano a credere che la situazione sia realmente così grave perché da fuori non si vede, che non vediamo.  L'occhio rimane uguale, non ha gonfiori e non si può notare dall'esterno.  
Quando a me è stato detto che sarei diventata cieca e due settimane dopo lo sono diventata davvero, nel mese di giugno 1992, credevo anche io che essere ciechi volesse dire vedere tutto nero.  Ma anche il nero è un colore e chi è cieco non vede nulla.  Chi è affetto  dalla  Neuropatia Ottica di Leber vede luci, ombre, forme strane e non corrispondenti alla realtà.
Oggi rappresento gli ERN per le malattie rare agli occhi in Italia, ho completato la Eurordis Summer School e sono diventata Patient Expert (con tanto di diploma) e finalmente non mi sento più un numero.  Anche qui in Italia il ruolo del paziente è diventato fondamentale.  Noi pazienti ci diamo da fare per raccogliere  fondi per la ricerca e riusciamo persino a finanziare progetti specifici, collaboriamo con Telethon e partecipiamo alle discussioni per le approvazioni dei farmaci all'EMA.  Ma a livello del dopo diagnosi c'è ancora tutto da fare.  Nel Lazio c'è un referente LHON,  presso l'Ospedale San Camillo ma non esiste un centro, ne presso lo stesso Ospedale ne altrove, che segue i pazienti LHON e le famiglie dopo questa terribile diagnosi.   Esistono associazioni varie, come L'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipo Vedenti ma io stessa, come potete immaginare, ci ho messo un pò di tempo prima di accettare persino di farne parte.   C'è  una grande differenza  tra chi è nato cieco, soprattutto 50 o 60 anni fa, quando il cieco veniva ancora messo da parte e cresciuto negli istituti per ciechi.  Oggi la tecnologia  ha fatto enormi passi avanti e  da la possibilità ad un disabile visivo di fare quasi tutto.  Anche questo serve a dare maggiore sicurezza a chi non vede, ad uscire di casa da soli, accompagnati da un cane guida o da un bastone bianco in grado persino di illuminarsi  di notte o di parlarti, di indicarti gli ostacoli.   Ci sono centinaia di applicazioni per smart phone che parlano con le sintesi vocali e che leggono libri, giornali, riviste, descrivono le foto e i grafici, prenotano treni e aerei e navigano su internet.  I social networks hanno messo in contatto anche quelle persone che da anni vivono sole nel loro buio e che grazie a questi si sono messe in contatto con altre persone nella loro stessa condizione e sono nate tante amicizie.
Dal lato oscuro della realtà di chi soffre di una neuropatia ottica c'è una realtà tutta italiana che emerge tra relazioni complesse tra vicini di casa, amici non  più amici o rivali sul lavoro.  Partono le denunce  e molti non vedenti si sono trovati, negli ultimi anni in Italia, coinvolti in interminabili e dolorosissime cause penali, alcuni di loro sbattuti sulle pagine dei giornali o in televisione, magari perché fotografati mentre utilizzavano un telefonino (con la sintesi vocale) o mentre camminavano per strada senza bastone bianco, o mentre si provavano vestiti e magari si posizionavano davanti ad uno specchio, atteggiamenti  naturali che avevano sempre  avuto e che non possono essere prove che si tratta di una persona che sta  truffando lo Stato.  Io ricevo numerose telefonate ogni settimana da persone che si trovano in queste condizioni, che hanno perso il lavoro e che non riescono più  a trovarne un altro e che non riescono neppure a ricevere una pensione di invalidità o un accompagnamento.
Vi posso parlare della Signora di 61 anni che ha perso la vista adesso, nel giro di pochi mesi e che non potrà più fare la macellaia per la cooperativa sociale per la quale lavorava, oppure del paziente  che fa il centralinista da 20 anni e che ora rischia di perdere il lavoro perché stanno togliendo tutti i centralini o della bimba di 4 anni che ha perso la vista per la Neuropatia Ottica di Leber e non dorme la notte perché vede i mostri, le luci che prendono forme svariate e che anche di giorno all'asilo la tormentano mentre le maestre non sanno come comportarsi con lei.  Vi posso raccontare del signore cieco  di 62 anni che nel suo paese nel sud Italia ogni giorno esce di casa, cammina per 50 metri per andare al bar, si siede a prendere un caffè e poi si ferma pochi metri più in  la e passa dal supermercato dove ormai conosce a memoria tutti gli scaffali, fa la spesa e poi si ritrova sui giornali locali come falso cieco e poi anche in televisione.  Dopo anni e anni di dolorosi  e umilianti processi e  tre tentativi di suicidio   ha perso la pensione, nonostante abbia  finalmente avuto una  diagnosi per la sua patologia,  Neuropatia Ottica Ereditaria di Leber con Motu Mano.  ,  Viene comunque  condannato in primo grado e poi la causa cade in prescrizione.  Lui che da40 anni prendeva la pensione ora è costretto ad essere mantenuto dalla figlia giovane che lavora ma nel frattempo, ha perso amici e parenti che non gli credono visto quello che è stato messo in TV e sui giornali.
Potrei raccontarne  decine di storie e si potrebbe davvero girare un film.
Concludo dicendo che questa è la nostra battaglia, noi vogliamo riconosciuti i nostri diritti e non vogliamo essere dimenticati dopo la diagnosi.  E' importante seguire il paziente in un Percorso Terapeutico diagnostico Assistenziale e questo percorso deve includere le famiglie dei pazienti , portare il paziente  per mano durante gli studi e nel ritrovamento di uno scopo, in un percorso formativo e psicologico e, nella  sensibilizzazione della società , lavorativa e della vita  in generale.

(Nelle foto: al tavolo, il Prof. Falsini e il Prof. Barboi; al podio, La Dottoressa Denegri)

Nessun commento:

Posta un commento